File chilometriche. Ore di attesa fuori dagli showroom. Ragazzi accampati davanti ai pop-up store. No, non è solo passione per la moda. È branding che si trasforma in moneta sonante. Durante l’ultimo Fuorisalone, centinaia di persone hanno affollato gli eventi non per vedere le nuove collezioni, ma per accaparrarsi i gadget gratuiti offerti dai brand più noti. Per poi rivenderli – a peso d’oro – su piattaforme come Vinted ed eBay. Sembra folle? Non lo è affatto. È branding allo stato puro… è il branding al Fuorisalone! È la dimostrazione plastica di quanto oggi un logo valga molto più dell’oggetto su cui è stampato.
Uno sgabello Etro a 300 €: il branding come leva di mercato
Uno dei casi più evidenti di quest’anno: lo sgabello Etro distribuito durante un evento esclusivo, in edizione limitata. Prezzo originale? Zero. Oggi lo trovi in vendita a 300 € su più di una piattaforma di second-hand. Non è l’unico. Bottigliette d’acqua brandizzate, borse in tela, cappellini, sticker, persino i badge con il lanyard personalizzato: tutto finisce online, tutto ha un prezzo. Ma soprattutto: tutto ha valore. Perché quel valore gliel’ha dato il brand.
Il vero valore non è l’oggetto: è il nome che ci sta sopra.
Questa corsa al gadget dice molto di più della solita narrativa sul consumismo. È la prova che oggi i brand vendono status prima ancora di vendere prodotti.
Chi va al Fuorisalone e si mette in fila per ore lo fa per portarsi a casa un pezzetto di quel mondo. Un oggetto gratuito che – nel momento in cui viene indossato, fotografato, rivenduto – diventa simbolo di appartenenza e questa appartenenza, per alcuni, ha un valore così alto da essere quantificabile in euro.
È il sogno di ogni stratega del branding: creare un oggetto così desiderabile da essere monetizzato da chi lo riceve gratuitamente.
Branding al Fuorisalone: quando il pubblico diventa rivenditore
C’è un dato di fatto che chiunque si occupi di comunicazione non può ignorare: i brand della moda e del design stanno trasformando il pubblico in micro-imprenditori. La distribuzione gratuita di oggetti a tiratura limitata, pensati per colpire nel feed di Instagram, non è solo una trovata creativa. È strategia, perché quei gadget – se progettati bene – diventano:
- contenuto (da postare)
- status symbol (da esibire)
- merce (da rivendere)
E in questo ciclo, ogni volta che l’oggetto cambia mano, il brand guadagna awareness gratuita. Zero ADV, zero media buying. Solo branding, messo in circolo dal pubblico stesso.
Cosa puoi imparare dal branding al Fuorisalone (anche se non sei Etro)
Non serve un budget milionario per creare branding efficace. Serve un’idea che parli al desiderio delle persone. Se hai un prodotto, un servizio o un’identità visiva forte, chiediti:
- Qual è l’oggetto fisico che potrebbe rappresentarmi nel mondo reale?
- È abbastanza desiderabile da essere condiviso, mostrato, addirittura venduto?
- Riesce a creare un senso di appartenenza?
Perché il punto non è fare gadget. Il punto è fare branding che attivi, che trasformi i fan in ambasciatori e che faccia scattare la domanda: “Ce l’hai anche tu?”
Il branding oggi è nelle mani (e nei feed) delle persone
Il branding al Fuorisalone non si limita più alle passerelle e agli eventi. Vive nei dettagli. Negli oggetti. Nelle mani delle persone in fila… e nei loro profili Vinted, dove uno sgabello Etro vale più di una sedia di design.
Stai facendo branding se la tua community è disposta a lottare per avere un tuo oggetto, mostrarlo o rivenderlo?
Se la risposta è no, è ora di ripensare la tua strategia.
Se vuoi capire come costruire un branding che lasci il segno, anche fuori dai social, parliamone. Contattami compilando il form o scrivimi su LinkedIn.
Portiamo il tuo logo fuori dallo schermo – e mettiamolo nelle mani giuste.