Come scegliere il font giusto per il tuo brand

come scegliere il font

Scegliere il font per un brand è una delle decisioni più sottovalutate, eppure ha un impatto enorme sulla percezione dell’identità visiva. Se pensi che sia solo una questione estetica, sappi che ogni carattere comunica qualcosa: affidabilità, modernità, esclusività o accessibilità. Un font sbagliato può trasmettere il messaggio opposto rispetto a quello che vorresti, mentre una scelta consapevole può rafforzare la personalità del tuo brand.

Ma come si sceglie un font in modo strategico? Non basta affidarsi al gusto personale o alla moda del momento. Servono criteri chiari, sia funzionali che espressivi, per prendere una decisione che funzioni nel tempo e su diversi supporti.

Typeface o font? Prima una distinzione fondamentale

Prima di tutto, chiariamo un errore comune. Spesso si usa il termine “font” in modo generico, ma in realtà la parola corretta per indicare lo stile dei caratteri è typeface. Il font, tecnicamente, è una variante specifica di una typeface – per esempio, Times New Roman in grassetto a 12 punti è un font, mentre Times New Roman nel suo complesso è una typeface.

Nel linguaggio comune, i due termini vengono spesso scambiati, quindi per semplicità useremo “font” nel senso più ampio, ma è utile conoscere questa distinzione.

Cosa considerare nella scelta del font per un brand

Per scegliere un font efficace, bisogna partire da una domanda semplice: cosa deve comunicare il brand? Un marchio che vuole trasmettere innovazione e semplicità avrà esigenze tipografiche diverse rispetto a uno che punta su tradizione ed eleganza.

Uno dei primi fattori da considerare è la scelta tra font con grazie (serif) e senza grazie (sans-serif). I font serif, come Times New Roman o Garamond, hanno delle piccole estensioni decorative alle estremità delle lettere, il che li rende sofisticati e autorevoli. Per questo sono spesso associati a brand storici, aziende istituzionali o settori come il lusso e l’editoria.

Al contrario, i font sans-serif, come Helvetica o Futura, hanno linee pulite e minimaliste. Sono la scelta ideale per chi vuole trasmettere modernità, innovazione e accessibilità. È il motivo per cui molte startup e aziende tech li preferiscono: danno un’impressione di freschezza e immediatezza.

Ma non basta fermarsi a questa distinzione. Ogni font ha una personalità propria, e anche all’interno delle due categorie principali esistono infinite sfumature. Ci sono serif classici e sobri, come Baskerville, e altri più creativi e decorativi, come quelli che si ispirano ai caratteri delle vecchie macchine da stampa. Allo stesso modo, esistono sans-serif estremamente rigorosi e geometrici, come Futura, e altri più morbidi e accoglienti, come Gill Sans.

Come scegliere il font? L’importanza della leggibilità e della versatilità

Un altro aspetto chiave è la leggibilità. Un font può essere esteticamente bello, ma se risulta difficile da leggere su uno schermo o su un’insegna, diventa un problema. Per questo è fondamentale testare il carattere su diversi formati, sia digitali che stampati. Un buon font per il branding deve funzionare bene a grande e a piccola scala, essere chiaro anche a basse risoluzioni e mantenere la sua personalità in diversi contesti.

La versatilità è un altro criterio essenziale. Alcuni font offrono una gamma ampia di varianti – dal light all’extra bold, con versioni corsive e condensate – mentre altri sono più rigidi e limitati. Se il font deve essere usato per il logo, il sito web, il packaging e il materiale promozionale, è importante che abbia abbastanza varianti per adattarsi a tutte queste esigenze senza perdere coerenza.

L’aspetto psicologico della tipografia

Un po’ come per il colore (che abbiamo visto in questo articolo), non tutti ci pensano, ma la forma dei caratteri influisce sulla percezione del messaggio. Un font con tratti spessi e arrotondati comunica solidità e affidabilità, mentre uno con linee sottili e spigolose può evocare eleganza o rigidità, a seconda del contesto.

Anche il peso del carattere ha un impatto psicologico: un testo in grassetto trasmette forza e autorità, mentre uno in light appare più delicato e sofisticato. Perfino la spaziatura tra le lettere può influenzare il modo in cui un brand viene percepito. Un font molto compatto può dare un senso di stabilità, ma anche di rigidità, mentre uno con spaziature ampie suggerisce apertura e modernità.

Come scegliere il font perfetto per il tuo brand

A questo punto, la domanda è: come prendere una decisione concreta? Un buon metodo è partire dall’immagine che vuoi dare del tuo brand e creare una lista di parole chiave che la descrivano. Se il brand è giovane, dinamico e tecnologico, un sans-serif pulito e moderno sarà la scelta più coerente. Se invece l’obiettivo è trasmettere lusso e raffinatezza, meglio optare per un serif classico o un carattere con dettagli più elaborati.

Dopo aver definito il mood, è utile fare delle prove pratiche. Scrivi il nome del brand e alcuni slogan con i font che hai selezionato, e osservali con occhio critico. Valuta come si integrano con gli altri elementi visivi del marchio, come colori e loghi. Se un font sembra fuori posto rispetto alla personalità del brand, probabilmente non è quello giusto.

Infine, pensa alla coerenza. Se il brand usa un certo font per il logo, ma uno completamente diverso per il sito e il materiale pubblicitario, il risultato sarà poco professionale. Meglio definire una gerarchia tipografica chiara, con uno o due font principali che possano essere declinati in modi diversi senza perdere armonia.

Conclusione

Scegliere il font giusto per un brand non è una questione puramente estetica: è una decisione strategica che incide sull’identità e sulla percezione del marchio. Un buon font deve essere leggibile, versatile e coerente con i valori che il brand vuole trasmettere.

Prendersi il tempo per analizzare le opzioni e fare test pratici è fondamentale per evitare scelte affrettate o basate solo sul gusto personale. La tipografia è uno strumento essenziale nella comunicazione visiva: usarlo con consapevolezza può fare la differenza tra un brand anonimo e uno che lascia un segno.

Ascolta l’episodio dedicato nel podcast “Il Codice della Comunicazione”

Iscriviti alla mia newsletter su Substack

Contattami per maggiori informazioni